Let paranoia in
L. entra nel bar dove fa colazione un
paio di volte alla settimana.
Il barista, pettinato come Big Jim, ha sì e no vent'anni ma ne dimostra quaranta; la scorge in mezzo a vecchi, impiegati e commesse e le prepara il cappuccino senza dire niente. Un dito sotto il bordo della tazza, a dire la verità: manca latte.
La proprietaria, capelli cotonati e un enorme crocifisso tra le pieghe del collo, gira tra i clienti con un bavoso in braccio.
Il barista, pettinato come Big Jim, ha sì e no vent'anni ma ne dimostra quaranta; la scorge in mezzo a vecchi, impiegati e commesse e le prepara il cappuccino senza dire niente. Un dito sotto il bordo della tazza, a dire la verità: manca latte.
La proprietaria, capelli cotonati e un enorme crocifisso tra le pieghe del collo, gira tra i clienti con un bavoso in braccio.
“Buongiorno, Signora.”
“Buongiorno, L.”
Il bavoso starnutisce dentro il
cappuccino. L. si scansa e ne infila mezzo nella scollatura. Si
volta, bestemmiando sul reggiseno trasformato in tazza. Pensa di
chiedere una cannuccia per poter raccogliere il liquido che staziona
tra i seni ma, indovinando lo sguardo del tavolo di pensionati di
fronte a lei, decide di assorbirlo con qualche fazzoletto di
carta.
La signora le ballonzola accanto.
“Ci scusi, mi scusi, è così piccolo, ha sei mesi, è il mio nipotino. Mia figlia è andata a un colloquio di lavoro, si sa, con un solo stipendio non si campa una famiglia.”
La signora le ballonzola accanto.
“Ci scusi, mi scusi, è così piccolo, ha sei mesi, è il mio nipotino. Mia figlia è andata a un colloquio di lavoro, si sa, con un solo stipendio non si campa una famiglia.”
“Nemmeno un individuo, Signora.”
“Eh, ma quando ci sono i figli,
cara...posso darti del tu? Dai, prendilo in braccio. Senti quanto
pesa...”
“Grazie Signora, come se avessi
accettato.”
Nel senso dell'accetta.
“Ti faccio rifare il cappuccino,
cara?”
“No, grazie, tanto non mi andava
stamani.”
L. cerca una via d'uscita, per fortuna fuori piove. La matrona le corre dietro col bambino.
L. cerca una via d'uscita, per fortuna fuori piove. La matrona le corre dietro col bambino.
“E tu, non hai una famiglia?”
L., incrociando le dita nella tasca
dei jeans, fa cenno di no. La dolce capobranco china la testa,
strizza gli occhi porcini e distende la bocca in un sorriso
compassionevole.
Se tu fossi mia madre, avresti già
ricevuto un colpo d'accetta sul taglio delle labbra e un altro a
spaccare in due la testolina da media statistica di donna italiana,
nata tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta. Ti ci metto dentro
la carta assorbente, cara, così ripuliamo quella inutile pappa
grigia contenuta nella tua scatola cranica. La sostituisco con penne
al pomodoro, basilico e un po' di parmigiano. Richiudo con due
strisce di silicone trasparente.
Ora porta via il tuo frutto bagnato di
schiavitù e fammi uscire.
Vedrai che, quando sarà grande, ti
strangolerà con la catenina d'oro, quella con il ciondolo ad angelo
custode che gli avrai senz'altro regalato per la prima
comunione.
Speriamo. Sarebbe un bel passo avanti per l'evoluzione della specie.
Speriamo. Sarebbe un bel passo avanti per l'evoluzione della specie.
“Buongiorno, Signora.”
(Laura Bucciarelli, 2009/2010/più o meno)