giovedì 24 ottobre 2019

Paranoia




Let paranoia in



L. entra nel bar dove fa colazione un paio di volte alla settimana.
Il barista, pettinato come Big Jim, ha sì e no vent'anni ma ne dimostra quaranta; la scorge in mezzo a vecchi, impiegati e commesse e le prepara il cappuccino senza dire niente. Un dito sotto il bordo della tazza, a dire la verità: manca latte.
La proprietaria, capelli cotonati e un enorme crocifisso tra le pieghe del collo, gira tra i clienti con un bavoso in braccio.
“Buongiorno, Signora.”
“Buongiorno, L.”
Il bavoso starnutisce dentro il cappuccino. L. si scansa e ne infila mezzo nella scollatura. Si volta, bestemmiando sul reggiseno trasformato in tazza. Pensa di chiedere una cannuccia per poter raccogliere il liquido che staziona tra i seni ma, indovinando lo sguardo del tavolo di pensionati di fronte a lei, decide di assorbirlo con qualche fazzoletto di carta.
La signora le ballonzola accanto.
“Ci scusi, mi scusi, è così piccolo, ha sei mesi, è il mio nipotino. Mia figlia è andata a un colloquio di lavoro, si sa, con un solo stipendio non si campa una famiglia.”
“Nemmeno un individuo, Signora.”
“Eh, ma quando ci sono i figli, cara...posso darti del tu? Dai, prendilo in braccio. Senti quanto pesa...”
“Grazie Signora, come se avessi accettato.”
Nel senso dell'accetta.
“Ti faccio rifare il cappuccino, cara?”
“No, grazie, tanto non mi andava stamani.”
L. cerca una via d'uscita, per fortuna fuori piove. La matrona le corre dietro col bambino.
“E tu, non hai una famiglia?”
L., incrociando le dita nella tasca dei jeans, fa cenno di no. La dolce capobranco china la testa, strizza gli occhi porcini e distende la bocca in un sorriso compassionevole.
Se tu fossi mia madre, avresti già ricevuto un colpo d'accetta sul taglio delle labbra e un altro a spaccare in due la testolina da media statistica di donna italiana, nata tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta. Ti ci metto dentro la carta assorbente, cara, così ripuliamo quella inutile pappa grigia contenuta nella tua scatola cranica. La sostituisco con penne al pomodoro, basilico e un po' di parmigiano. Richiudo con due strisce di silicone trasparente.
Ora porta via il tuo frutto bagnato di schiavitù e fammi uscire.
Vedrai che, quando sarà grande, ti strangolerà con la catenina d'oro, quella con il ciondolo ad angelo custode che gli avrai senz'altro regalato per la prima comunione.
Speriamo. Sarebbe un bel passo avanti per l'evoluzione della specie.
“Buongiorno, Signora.”

(Laura Bucciarelli, 2009/2010/più o meno)